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Di origini thailandesi, nato a Buenos Aires e residente tra New York e Bangkok, Rirkrit Tiravanija è un artista poliedrico che ha fatto del nomadismo culturale la forza del suo lavoro. *Untitled (open air cinema)*, *Untitled (robes)*, *Untitled (under the flyover 1)* sono ispirate a *Concrete Island (1974)*, di J. G. Ballard, versione riveduta e corretta di *Robinson Crusoe*, il romanzo sul naufrago per antonomasia che approda sull’isola deserta. *Concrete Island (L’isola di cemento)* ha per protagonista un architetto benestante che vive due storie parallele, con moglie e figlia da un lato e con l’amante dall’altro. Le donne sanno l’una dell’altra e condividono con lui l’esistenza fino al giorno in cui il protagonista ha un incidente, finisce fuori strada e “approda” in un terreno incolto nel bel mezzo di uno snodo autostradale dove per sopravvivere si ciba di rifiuti e abita nella sua Jaguar incidentata. A nessuno, né alla moglie, né all’amante, né alla segretaria, viene in mente che possa essere sparito, perché tutte lo credono con un’altra. Come molti romanzi di quegli anni, la storia di Ballard è una metafora dell’artificiosità dei rapporti che deriva dal progresso tecnologico il quale, più che ravvicinare, finisce per allontanare le persone, un’idea controcorrente rispetto all’idealismo utopistico che pervade gli anni Settanta. Le fotografie sono uno studio per l’adattamento cinematografico del romanzo. Abbandonato il panorama brutale del modernismo britannico degli anni Settanta, l’ambientazione si colloca in una Bangkok anni Novanta, in pieno post strutturalismo. Qui vediamo il protagonista, anche in questo caso un architetto, naufragato tra le autostrade sopraelevate di Bangkok che s’intersecano ignorando ciò che avviene sotto.